«Arrivo subito. Devo solo finire questa partita!». Poi, però, le partite da finire diventano di più – ecco così che i genitori si ritrovano con i nervi a fior di pelle e in famiglia cresce il nervosismo. Ma perché bambini e ragazzi sono tanto attratti dai videogiochi? Il continuo giocare non rende aggressivi? E da cosa capisco se per mio figlio il divertimento si sta trasformando in dipendenza?
Mio figlio potrebbe giocare tutto il giorno a Fortnite o Fifa senza mai annoiarsi. In cosa consiste il fascino di questi videogiochi?
Per l’essere umano quello del gioco è un impulso innato: è proprio giocando che i bambini scoprono il mondo che li circonda. Anche i giochi digitali offrono un forte stimolo in tal senso. Sono divertenti! Vittoria e sconfitta, ambizione, voglia di migliorarsi sempre, scoprire nuovi mondi, sperimentare, imparare cose nuove, comunicare con altre persone... i fattori che fanno il fascino dei videogiochi sono tanti. Per rendere un gioco così avvincente e divertente da indurci a essere online il più spesso e il più a lungo possibile, gli sviluppatori di videogame fanno leva su diversi meccanismi. Le ricompense sotto forma di punti, nuovi outfit o monete d’oro, per esempio, alimentano il desiderio di continuare a giocare e raggiungere di continuo nuovi livelli.
Da cosa mi accorgo che mio figlio ha un problema di dipendenza da videogiochi?
Innanzitutto va detto che, oggigiorno, quello di «dipendenza da videogiochi» è un concetto decisamente inflazionato. Intense fasi di gioco non corrispondono necessariamente a una dipendenza. Il cosiddetto «gaming disorder» è ormai riconosciuto come malattia, tuttavia la strada per arrivarci è lunga. Occorre per esempio che, per mesi, la persona interessata si mostri sempre meno in grado di gestire la durata e la frequenza delle sedute di gioco o trascuri completamente altre attività del tempo libero per dedicarsi ai videogiochi.
Ciò non di meno, è importante prestare attenzione a eventuali campanelli d’allarme. Spie di un comportamento di gioco problematico possono essere il fatto che vostro figlio trascuri la scuola, la formazione o i contatti sociali per dedicarsi ai videogiochi, ma anche il fatto che appaia sovente spossato, assuma dei comportamenti insoliti o manifesti dei cambiamenti fisici. Questi stessi «sintomi» possono però anche risultare da altri problemi, per esempio episodi di mobbing da parte dei compagni di scuola o tensioni in famiglia. Talvolta i ragazzi si rifugiano nei videogiochi per sfuggire ai problemi della vita quotidiana. Ma ci sono anche casi in cui i «campanelli d’allarme» innanzi citati sono semplicemente da ricondursi alla pubertà.
Giocare ai videogiochi nuoce alla concentrazione, alla vista o alla postura?
L’eccessiva fruizione di media digitali può ripercuotersi sulla salute. Il problema in questo caso non è il gioco in sé, ma il fatto di fissare a lungo uno schermo senza che vi siano grandi diversivi o occasioni per muoversi. Lo stesso succede quando si guarda la TV o si trascorrono ore intere su Instagram o TikTok. Le conseguenze sono posture errate, mal di testa o anche sovrappeso determinato dalla mancanza di movimento. Tra gli effetti a breve termine vi sono spesso secchezza e stanchezza oculare – disturbi ben noti anche a noi adulti che lavoriamo per molte ore al giorno davanti a uno schermo. Il flow durante il gioco accresce, entro certi limiti, il livello di concentrazione. Ma solo entro certi limiti.
È vero che alcuni videogiochi innescano comportamenti aggressivi?
Non è semplice stabilire in che misura i videogiochi scatenino atteggiamenti o pensieri aggressivi. Che bambini e ragazzi subiscano gli effetti degli online game e dei loro contenuti, è evidente. Subito dopo determinati giochi può per esempio capitare che siano in uno stato di eccitazione e abbiano pensieri tendenzialmente aggressivi. Di per sé, tuttavia, i giochi dai contenuti violenti non scatenano violenza. Il fatto che un ragazzo o un adulto assuma comportamenti violenti è generalmente da ricondursi ad altre – e, soprattutto, molteplici – cause: per esempio xenofobia, violenze subite in famiglia o nel contesto sociale di riferimento oppure problemi psichici.
«Devo solo finire questa partita!»: come impedire che le giornate ruotino attorno ai videogiochi dei nostri figli?
Bambini e ragazzi fanno effettivamente fatica a «staccare» dal gioco e, dato il potenziale di conflitto insito nella situazione, per i genitori il momento di spegnere il computer rappresenta spesso una fonte di stress. Come spesso accade, è però importante riflettere sui propri comportamenti: anche gli adulti faticano a posare un bel libro o a resistere alla tentazione di rivedere più e più volte una puntata di una serie avvincente su Netflix.
È dunque bene che genitori e figli parlino dei videogiochi, dei loro contenuti e della loro durata, e del comportamento di gioco. A tal proposito consigliamo di definire di concerto con i ragazzi con che frequenza, in che orari o per quanto tempo possano usufruire dei media. Laddove queste regole vengano stabilite di comune accordo, risulterà meno difficile accettarle e rispettarle.
Facendo ancora un po’ fatica a regolarsi, tuttavia, per riuscire a staccare i ragazzi avranno bisogno del sostegno dei grandi, che a questo scopo possono ricorrere anche a una sveglia o a un cronometro.
Come capire se un videogioco comporta un potenziale di dipendenza particolarmente elevato?
Da fuori è generalmente difficile esprimere un giudizio. Alcuni videogiochi finiscono per portare via moltissimo tempo e richiedono che il giocatore vada di continuo online, per esempio per far crescere la popolazione del suo villaggio. Un particolare fattore di dipendenza è costituito dalle ricompense che si possono ottenere nel corso del gioco: il fatto di venire premiati è infatti fonte di un impulso positivo che può dare assuefazione. Anche i meccanismi opposti, tuttavia, inducono a continuare a giocare: è quanto accade per esempio laddove una pausa dal gioco comporti la perdita di quanto conquistato fino a quel momento o una retrocessione nella classifica.
Dove trovare informazioni su giochi pericolosi o adatti per i miei figli?
Per una panoramica sommaria del mondo dei giochi digitali – con tanto d’indicazione dell’età del target e di valutazione dei contenuti – si può consultare pegi.info. Le raccomandazioni circa l’età dei giocatori formulate da PEGI non racchiudono tuttavia giudizi pedagogici o indicazioni circa la qualità del gioco. Il sito spieleratgeber-nrw.de fornisce invece informazioni approfondite circa i vari videogiochi, che qui vengono valutati sia dagli addetti ai lavori che dai ragazzi. Anche YouTube e Twitch possono infine tornare utili per farsi un’idea sull’argomento.
Anche dopo un’attenta ricerca, sarà comunque importante osservare il ragazzo e le sue reazioni a un determinato videogioco nonché parlare di quest’ultimo in famiglia. Dopo aver giocato appare sereno, aggressivo o incapace di concentrarsi? Queste considerazioni sono importanti per poter decidere se un videogioco è adatto o meno a un ragazzo.
Che differenza c’è tra i videogiochi acquistabili in versione hardware e gli online game da scaricare?
Oggigiorno i videogiochi sono praticamente sempre disponibili anche in versione online. Il punto non è quindi se scaricarli da Internet o acquistarli su DVD. A fare la differenza sono i modelli commerciali, tra cui si distinguono soprattutto quello dei titoli a prezzo pieno e quello dei free-to-play, che inizialmente sono gratuiti. Una volta acquistato un titolo a prezzo pieno, non devo per forza spendere altro denaro – anche se è certamente possibile farlo, per esempio per acquistare più tardi un’estensione del gioco. I costi, però, sono trasparenti. Ben diverso è il sistema dei titoli free-to-play.
Nostro figlio chiede di continuo di poter fare acquisti in-app. Sono davvero – come lui sostiene – indispensabili per poter giocare a un determinato online game?
Dipende dall’online game, ma effettivamente molti giochi digitali funzionano così. I giochi free-to-play, che inizialmente sono gratuiti, si basano spesso su diversi modelli commerciali. Di solito si tratta d’investire denaro vero per avanzare più velocemente o meglio nel gioco o, semplicemente, per poter continuare a giocare. In altre parole, si viene attirati con un’offerta gratuita, per poi essere indotti a investire sempre più spesso piccole cifre per degli acquisti in-game. Un aspetto particolarmente spinoso è costituito dall’impiego di una moneta di gioco, che non di rado impedisce di avere chiarezza circa il prezzo effettivo di tali acquisti. Alcuni modelli – ad es. quello delle loot box – comprendono anche elementi d’azzardo. Questi ultimi dovrebbero essere banditi dai giochi per bambini e ragazzi, ma purtroppo sono ormai la norma. Nella maggioranza dei casi l’opzione degli acquisti in-app può essere disattivata nelle impostazioni dei dispositivi mobili.
Perché le ragazze sono molto meno interessate ai videogiochi che non i ragazzi?
Penso che questa differenza – che ormai non è più così eclatante – abbia a che fare con lo sviluppo dei giochi e l’offerta. Inizialmente i videogiochi erano di taglio molto tecnico e dedicati prevalentemente a «temi maschili» quali gare automobilistiche, combattimento o guerra.
A partire dall’inizio degli anni 2000, tuttavia, la presenza femminile si è fatta più forte sia sul fronte dello sviluppo di videogiochi che su quello della loro fruizione. Nel caso di Sims, per esempio, a giocare erano prevalentemente donne e ormai chi sviluppa videogiochi mira di proposito al target femminile.
Mio figlio ha 13 anni. Alla sua età qual è la «giusta» durata della fruizione dei media?
Quando si parla del tempo che i ragazzi trascorrono davanti allo schermo, la maggioranza dei genitori desidera ricevere chiare indicazioni in minuti al giorno per fascia d’età. Le indicazioni orientative di questo tipo esistono, ma da sole non bastano a garantire una sana fruizione dei media. In concreto, dai dieci anni in poi il tempo settimanalmente trascorso davanti a uno schermo può essere calcolato così: un’ora per ogni anno di vita. Per un tredicenne, dunque, 13 ore la settimana.
Poiché però ogni ragazzo è un caso a sé, per qualcuno questa quantità di ore potrà risultare eccessiva, mentre altri sapranno gestirne anche una superiore. A contare non è il solo tempo trascorso davanti allo schermo: altrettanto determinanti sono il tipo di contenuti fruiti, il livello di maturità del ragazzo e il grado di creatività o passività del consumo mediatico. È inoltre essenziale che il tempo libero comprenda attività adeguatamente diversificate, che la fruizione dei media venga seguita dai genitori e che il ragazzo dorma a sufficienza.
Mio figlio non sa rinunciare del tutto agli online game. Meglio lasciarlo giocare prima che studi o dopo, a titolo di ricompensa?
In generale i media digitali non vanno usati come strumento di ricompensa o punizione. Ciò, infatti, non fa che accrescerne l’attrattiva, cosa che la maggioranza dei genitori preferisce evitare. Tendenzialmente direi: prima il dovere e poi il piacere. Ogni tanto, però, si può senz’altro anche concedere prima una partita ai videogiochi, in modo che il ragazzo si rilassi e stacchi dalla stressante routine scolastica per poi dedicarsi allo studio. Questo a patto che non finisca per perdersi dietro al gioco...
Un’ultima domanda: giocare ai videogiochi ha anche dei risvolti positivi?
Certo che sì! Oltre a essere divertente, per molti bambini e ragazzi è un modo per rilassarsi. Può inoltre aiutare a sviluppare diverse capacità: per esempio la coordinazione occhio-mano e la reattività, ma anche la capacità di prendere decisioni in modo rapido, immaginare gli spazi e riflettere in modo strategico.
Giocare insieme ad altri aiuta inoltre a migliorare le capacità comunicative e, in parte, anche lo spirito di squadra, mentre affrontare vittorie e sconfitte può accrescere la tenacia e la tolleranza alla frustrazione.
Ma che sia chiaro: per potenziare tali capacità non è indispensabile giocare con i videogiochi. Si possono tranquillamente ottenere gli stessi risultati nella vita reale – attraverso il calcio di squadra, le attività degli scout o, semplicemente, giocando in strada.