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Mobbing sul posto di lavoro

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Sono tante le persone che sul posto di lavoro subiscono mobbing, un insieme di comportamenti violenti di natura psicologica o fisica messi in atto in varie forme. Chi è oggetto di mobbing può però difendersi sul piano legale, come previsto dal diritto del lavoro e dalla legge penale.

Mobbing: quanto il lavoro diventa un incubo

Un fenomeno che può avere inizio con qualche commento offensivo e arrivare fino alla violenza fisica:il mobbing sul posto di lavoro è oggi un problema che riguarda un’ampia parte del personale impiegato. In Svizzera la percentuale delle persone salariate bersaglio di angherie, molestie e maltrattamenti sul lavoro va dal 4,4% al 7,6%. E quasi un suicidio su cinque è legato al mobbing, un dato a dir poco allarmante. È quanto emerge dal «Bollettino dei medici svizzeri» del 2023 in seguito a un’analisi delle cifre dell’Ufficio federale di statistica (UST) e della Segreteria di Stato dell’economia (SECO).

In questi casi il mobbing si protrae generalmente sul lungo periodo e attraverso episodi ripetuti. Gli abusi possono essere a opera di interi gruppi di persone o di un singolo (in questi casi si parla tecnicamente di «bullying»), assumendo forme molto diverse tra loro.

  • Molestie verbali: rientrano nella categoria commenti e osservazioni sprezzanti, così come offese, episodi di derisione e battute denigranti. Anche i nomignoli che ridicolizzano tratti della personalità o dell’aspetto fisico di un membro del personale sono da considerarsi molestie verbali.
  • Isolamento sociale: si tratta di mobbing anche quando una persona viene esclusa e ignorata. Questa forma di «ostracismo» può essere esercitata a livello puramente professionale, ad esempio se singoli dipendenti non vengono invitati a una riunione. In alcune circostanze si considera però una forma di mobbing anche l’esclusione da attività sociali ed extralavorative o da conversazioni.
  • Danno alla reputazione: la diffusione mirata di pettegolezzi o informazioni errate su altre persone può danneggiarne la reputazione in modo permanente e irreparabile. A causa delle falsità messe in circolazione nei corridoi le vittime possono subire un’enorme pressione sociale e, nel peggiore dei casi, le e i superiori potrebbero addirittura mettere in dubbio la loro professionalità sulla base delle dicerie.
  • Sabotaggio: nel mondo del lavoro un certo grado di competizione è normale, ma non quando aumenta in maniera esponenziale fino a diventare dannosa. Se si sabota intenzionalmente il lavoro di colleghe e colleghi impedendo che raggiungano i propri traguardi ci si trova di fronte a una forma di mobbing.
  • Micromanagement: anche quando la o il dirigente sorveglia, controlla e critica il lavoro del proprio personale in maniera eccessiva può trattarsi di mobbing, soprattutto se il comportamento viene messo in atto solo nei confronti di singoli dipendenti.
  • Discriminazione: purtroppo in molti luoghi di lavoro alcune persone continuano a essere penalizzate ogni giorno a causa di sesso, provenienza, religione, orientamento sessuale o età. Si va dai pregiudizi alle battute espresse senza alcun riguardo e considerate innocue da chi le pronuncia, fino a commenti d’odio intenzionali di natura razzista, sessista o discriminatoria per altri aspetti.
  • Molestie sessuali: i comportamenti vessatori possono essere attuati attraverso osservazioni, commenti o allusioni a sfondo sessuale. Arrivare a toccare una o un dipendente in maniera inappropriata e sgradita va poi ben al di là di ogni limite. Tutti questi atteggiamenti umiliano, sminuiscono e intimidiscono il bersaglio, tanto più che le molestie sessuali vengono spesso perpetrate in un contesto di abuso di potere o sfruttando il rapporto di lavoro dipendente.
  • Cybermobbing: oggi la maggior parte delle imprese ha un grado elevato di digitalizzazione. Il mobbing può dunque essere esercitato anche attraverso i canali digitali, ad esempio inviando e-mail e messaggi offensivi a collaboratrici e collaboratori o condividendo contributi denigranti su Intranet.
  • Minacce: intimidazioni e minacce vanno ben oltre l’uso di un tono di voce inappropriato. Possono essere formulate in forma scritta o orale e presentare una diversa gravità; in ogni caso hanno enormi ripercussioni sul benessere psicologico della vittima.
  • Carico di lavoro eccessivo: nel mondo moderno sommare ore su ore supplementari e svolgere lavoro extra è (purtroppo) comune in molti settori. Il mobbing ha inizio quando si affida a una singola o un singolo dipendente una mole di lavoro eccessiva, oppure si fissano scadenze irrealistiche. In situazioni estreme viene assegnato intenzionalmente un carico di lavoro oltremisura a persone precise, nei casi peggiori con l’obiettivo di causare disagi psicologici e spingere a disdetta forzata.
  • Aggressioni fisiche: la violenza psicologica può sfociare anche in violenza fisica, che comunque non può essere messa sullo stesso piano rispetto alle angherie che colpiscono a livello mentale. Chi alza le mani supera però senza dubbio un altro tipo di confine.

Mobbing e bullying sul posto di lavoro non devono e non possono essere tollerati, innanzitutto per tutelare chi ne è vittima. A ciò si aggiunge il fatto che un ambiente di lavoro negativo ha ripercussioni su interi team o addirittura su tutta l’azienda con implicazioni di ampia portata, non solo a livello di produttività.

Prevenire il mobbing: cosa possono fare quadri e personale?

La prevenzione è il modo migliore per impedire episodi di mobbing sul luogo di lavoro, e occuparsene è un compito dirigenziale. Spetta infatti ai quadri dirigenti promuovere una cultura aziendale caratterizzata da una tolleranza zero per questi comportamenti, ad esempio attraverso linee guida e procedure antimobbing ben chiare. È inoltre possibile sensibilizzare il personale alla questione prevedendo apposite formazioni. In un ambiente in cui collaboratrici e collaboratori possono esprimersi con la massima riservatezza si svilupperà anche un maggiore senso di fiducia e sicurezza.

Ma anche il personale può prevenire il mobbing.

  • Il primo passo, nonché il più importante, è mostrare attenzione e sensibilità verso colleghe e colleghi, avere riguardo per i loro sentimenti e tenere una condotta adeguata.
  • I conflitti andrebbero risolti in maniera costruttiva prima che degenerino.
  • Chi è testimone di episodi di mobbing dovrebbe offrire sostegno alle vittime e segnalare l’accaduto nelle modalità adeguate.

Tutela legale per chi è vittima di mobbing

Il mobbing sul posto di lavoro non è solo inaccettabile dal punto di vista etico, ma è anche perseguibile per legge secondo il Codice penale svizzero. In realtà il termine non è utilizzato nella legislazione, tuttavia in base alle indicazioni relative alle ordinanze 3 e 4 concernenti la legge sul lavoro pare che il mobbing andrebbe perseguito come le violazioni dell’integrità del personale. Secondo il tribunale federale, per mobbing si intende una condotta ostile e sistematica protratta nel tempo, con la quale una persona viene isolata ed emarginata sul posto di lavoro, o addirittura allontanata.

Inoltre in base alla Legge sul lavoro (LL) il datore deve assicurare la salute e la sicurezza del proprio personale sul posto di lavoro. Questo include anche la tutela da episodi di mobbing. Le aziende devono dunque adottare provvedimenti adeguati per impedire e contrastare questa pratica.

Chi è vittima di mobbing e bullying sul posto di lavoro può pertanto opporsi anche legalmente, ad esempio ricorrendo all’assicurazione di protezione giuridica per privati. In questo contesto viene fornita una consulenza specifica sui prossimi passi e  si riceve supporto nella ricerca di un’assistenza giuridica adeguata, in più l’assicurazione si fa carico dei costi per le azioni legali necessarie.  Le vittime possono così agire attivamente per porre fine agli episodi e, se possibile, proseguire il rapporto di lavoro senza che questo venga compromesso.  

Protezione giuridica per privati: ecco in quali casi può aiutarvi

Quello del mobbing sul posto di lavoro è un tema complesso. Un’assicurazione di protezione giuridica per privati può fornire supporto in diverse situazioni: eccone alcune.

  1. Licenziamento ingiustificato: tutto è iniziato con qualche pettegolezzo alle spalle del dipendente, che poi è stato licenziato senza preavviso e per ragioni dubbie, probabilmente legate al danno alla reputazione. L’assicurazione di protezione giuridica per privati gli ha fornito il supporto necessario nell’azione legale contro il suo ex datore di lavoro, facendogli ottenere un’indennità adeguata. 
  2. Molestie sessuali: una dipendente è stata ripetutamente oggetto di molestie sessuali da parte del suo superiore, che sfruttava la propria posizione di potere per esercitare pressione su di lei. Quando le molestie hanno continuato ad aumentare, la vittima si è rivolta alla sua assicurazione di protezione giuridica per privati. A seguire è stata avviata un’indagine giuridica e la collaboratrice ha potuto avvalersi dell’assistenza di un legale, che l’ha rappresentata nelle trattative. 

Mobbing sul posto di lavoro: domande frequenti

Cosa considerare prima di agire legalmente a seguito di mobbing?

Anche se a volte risulta difficile, è necessario segnalare gli episodi di mobbing al vostro datore di lavoro, facendogli presente il suo obbligo a tutelare il proprio personale (obbligo di assistenza). Raccogliete inoltre prove concrete o tenete un diario, in cui annotare gli episodi e le aggressioni. In questo modo potrete poi riportare la fattispecie nel dettaglio.

Chi può fornire aiuto in caso di mobbing, al di là dell’assicurazione di protezione giuridica per privati?

Se la vostra azienda dispone di una rappresentanza del personale o se siete membri di un sindacato potete richiedere loro ulteriore supporto.

Quali potrebbero essere le conseguenze legali per chi pratica mobbing?

Il personale che mette in atto questi comportamenti può imbattersi in diverse sanzioni. Oltre a incorrere in provvedimenti di diritto del lavoro come ammonimenti, trasferimenti o disdetta, per l’autore o l’autrice dei fatti potrebbero esserci anche conseguenze legali, oppure potrebbe dover pagare un risarcimento danni.  Generalmente viene applicata una pena pecuniaria, ma in casi particolarmente gravi può essere pronunciata anche una pena detentiva.

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