La vita tecnica della batteria di un’auto elettrica va dagli otto ai dieci anni ovvero dai 1000 ai 1500 cicli di ricarica. Se ad esempio l’autonomia della vettura è di 300 chilometri con un «pieno», avremo una percorrenza totale di 450 000 chilometri. Una volta esaurita la sua capacità, per effetto dei numerosi cicli di scarica e ricarica, la batteria viene avviata al riciclaggio, in modo da recuperare materiali preziosi come litio, rame o cobalto e naturalmente separare e raccogliere le sostanze pericolose. In questo articolo vi spieghiamo quali sono i procedimenti utilizzati.
Normalmente sostituzione e riciclaggio della batteria dell’auto elettrica non comportano costi per il proprietario: numerosi costruttori propongono infatti una garanzia fra gli otto e i dieci anni. Quindi, se in questo lasso di tempo dovessero emergere difetti o una perdita anomala di capacità, sarà il costruttore a provvedere gratuitamente alla sostituzione, secondo le modalità da lui stesso indicate. Vi sono tuttavia situazioni in cui la garanzia non si attiva e per cui vale la pena stipulare un’assicurazione specifica, come la garanzia complementare che AXA consente di aggiungere alla polizza base per l’auto elettrica.
Esiste anche l’opzione noleggio: a seconda del costruttore, del modello e del chilometraggio annuo, l’affitto mensile di una batteria costa dai CHF 60 ai 120 e in questo caso sostituzione e riciclaggio sono a carico del noleggiatore.
Numerosi costruttori propongono la riparazione della batteria, sulla base del valore attuale, in luogo della sostituzione completa. Applicando un avanzato procedimento di rilevazione, si cerca di identificare i moduli responsabili per la perdita di capacità per poi sostituirli con nuovi gruppi di celle. Prima dell’installazione i nuovi moduli vengono adeguati al livello di tensione di quelli già presenti.
Uno smaltimento errato delle batterie agli ioni di litio è pericoloso per l’ambiente, pertanto tale operazione, come del resto stoccaggio e riciclaggio, deve essere affidata esclusivamente a personale tecnico qualificato.
Attualmente per riciclare le batterie delle auto elettriche esistono tre metodologie ufficiali, che arrivano a garantire una quota di recupero massima del 96 per cento. Esistono poi altri due processi in grado di ridurre l’impatto ambientale e di garantire una quota di recupero fino al 98 per cento, ma al momento della stesura del presente articolo (04.2024) si trovano ancora in fase sperimentale. L’obiettivo del processo di riciclaggio consiste nell’ottenere la quota di recupero più elevata possibile dei materiali riutilizzabili (idealmente si dovrebbe arrivare al 100 per cento), ma l’operazione punta anche a evitare la dispersione delle sostanze inquinanti. Di seguito un breve elenco delle sostanze riciclabili contenute nella batteria di un’auto elettrica.
Materiali riciclabili:
Sostanze inquinanti:
Oltre alle sostanze chimiche il processo di riciclaggio prevede anche il recupero di metalli e materiali plastici provenienti dall’involucro della batteria, utilizzati per le tecniche di giunzione, nei cavi e nei componenti elettronici.
Materiali importanti contenuti nell’involucro batteria:
In tutto il mondo le aziende di riciclaggio puntano a recuperare quanto più possibile di questi materiali e a prepararli per il riutilizzo affidandosi, al momento, a questi tre procedimenti:
Questo tipo di riciclaggio consente di recuperare circa il 96 per cento di tutti i componenti di una batteria da trazione elettrica. La frantumazione meccanica dell’accumulatore, finalizzata a estrarre tutti i materiali importanti, viene eseguita in condizioni di inertizzazione con azoto.
Questo processo di recupero prevede la fusione a temperatura controllata delle celle batteria e successiva separazione di materiali preziosi come rame, nichel e cobalto, riciclabili fino al 95 per cento circa. Vi è però uno svantaggio fondamentale: con questo metodo si perdono alcuni materiali importanti come alluminio, litio e grafite.
Obiettivo di questo processo è il recupero di materiali riutilizzabili sotto forma di componenti intatti. Esso prevede il trattamento delle celle esauste della batteria attraverso solubilizzazione con adatto solvente: la soluzione viene attraversata da onde d’urto elettriche che producono la scomposizione. Nelle fasi successive vengono separati i singoli componenti, come gli elettrodi a lamina e i materiali attivi. Un vantaggio decisivo di questo metodo consiste nel fatto che i materiali chimicamente attivi possono essere riutilizzati direttamente per la nuova produzione di batterie.
È possibile che in futuro siano disponibili metodi nettamente più ecologici per riciclare le batterie delle auto elettriche, come il flash joule heating (riscaldamento flash joule), attualmente in via di sperimentazione presso la Rice University di Houston. Il processo prevede il riscaldamento della batteria a oltre 1800 gradi entro pochi secondi, che produce una massa nera collosa (o, più semplicemente, «massa nera»), da cui è possibile separare i materiali ricorrendo ad acidi inorganici. Secondo i ricercatori la quota di recupero ammonta al 98 per cento.
I ricercatori dell’Università di Chalmer (Svezia) confidano in risultati altrettanto positivi puntando non sugli acidi inorganici, bensì sull’acido ossalico di origine vegetale, un processo che si rivelerebbe vantaggioso non solo per l’ambiente ma anche per il recupero di quasi tutti i materiali. Al momento non è chiaro per quanto tempo le università dovranno studiare questi processi prima di poter dare il via libera all’applicazione pratica.
Se convertita all’uso domestico, all’interno dell’impianto di produzione energetica, una batteria per auto elettrica da 20 kWh è in grado di accumulare più energia di quanto normalmente necessario per una famiglia normale.
All’atto pratico è emerso che la batteria dopo 1000-1500 cicli di carica perde l’efficienza necessaria per muovere un’autovettura elettrica. Ciononostante, anche dopo dieci anni di attività, essa conserva sufficiente capacità per un utilizzo stazionario, ad esempio come accumulatore di corrente per l’energia prodotta dalle celle solari.
In questo modo si posticipa l’avviamento a un corretto riciclaggio e la vita tecnica di una batteria per auto elettrica si allunga mediamente di altri 10-12 anni. In altre parole, se utilizzata normalmente, la sua durata può superare anche i 20 anni. Questo perché la batteria da trazione, se destinata a un utilizzo stazionario, non è esposta all’estenuante alternanza tra fasi di accelerazione e frenata, ma registra un andamento nettamente più uniforme. Il risultato è una fase di scarica più lenta, con effetti generalmente positivi sulla vita tecnica della batteria.